Una lunga tradizione attribuisce ai reati di contraffazione dei marchi il bene giuridico della pubblica fede, incentrandoli sulla tutela dell’affidamento collettivo dei consumatori nei contrassegni d’impresa e relegando a una protezione riflessa la proprietà industriale dell’esclusivista. I fenomeni di mercato, tuttavia, hanno posto legislatore e interprete di fronte alla realtà della trasformazione del ruolo del marchio, che nella economia globalizzata, e nel diffuso modello di produzione decentrata, diviene, da indicatore di provenienza aziendale, un segno di per sé vuoto di significato, ma capace di attrarre all’acquisto attraverso i contenuti emozionali associatigli con tecniche di branding: dunque un fattore di vendita, e un valore rilevante dell’attivo d’impresa. Muta, così, pelle anche il consumatore, che da ‘parte debole’ dello scambio esposta al pericolo di frodi diviene propulsore individuale e collettivo di comportamenti illeciti di mercato, avendo assunto, quale collateral damage della forza attrattiva esercitata dal marchio, il ruolo di ‘attore della domanda’ di merci contraffatte low cost, capace di stimolare sul versante dell’offerta strutture organizzate di produzione e distribuzione del falso. Il diritto industriale ha adeguato la disciplina del marchio, costruendolo come diritto di proprietà dell’esclusivista, liberamente disponibile seppure coi limiti che il neminem laedere pone anche alla proprietà classica. Il diritto penale è invece rimasto a lungo intrappolato nell’osservanza delle vecchie concezioni, persistendo nel vezzeggiare un consumatore-vittima quasi scomparso dalla realtà e non proteggendo la proprietà industriale nel mentre accerchiata da strutture criminali organizzate e transnazionali, e dalla diffusa domanda di falsi. Questo libro analizza lo stato dell’arte dopo le novità introdotte in campo penale dalla l. n. 99/2009 ed altri numerosi successivi interventi, approdando al risultato che le vecchie concezioni ne risultino travolte, ed al loro posto il legislatore abbia affermato un chiaro impianto di tutela penale della proprietà industriale dalle violazioni dell’esclusiva - recepito anche dalla giurisprudenza - senza però rinunciare alla tutela penale, attraverso altre norme, degli interessi economici collettivi sia dei consumatori che del comparto produttivo made in Italy.