Una riforma non di dettaglio, ma di sistema: che s’impernia sulla distinta modulazione tra giudizi (una minoranza) che hanno valenza nomofilattica, perché la questione di diritto è di particolare rilevanza, destinati alla pubblica udienza e alla decisione con sentenza, tale da assumere i caratteri del “precedente” in senso stretto, e giudizi privi di tale carattere (il contenzioso più nutrito), destinati all’adunanza camerale non partecipata, ma con contraddittorio scritto, e alla decisione con ordinanza. Questa, con le parole del Primo Presidente della Corte Giovanni Canzio, è la riforma del processo civile di cassazione introdotta dal legislatore con il d.l. 31 agosto 2016 n. 168, convertito con l. 25 ottobre 2016 n. 197. Una simile riforma chiama tutti i protagonisti del processo civile di cassazione ad una possente sfida: la Corte, sul piano dell’organizzazione, per la distribuzione dei ricorsi tra camera di consiglio e udienza pubblica, secondo criteri uniformi, nonché sul trattamento della motivazione, particolarmente nelle ordinanze, a garanzia del controllo di legalità delle sentenze impugnate; la Procura Generale, sul contributo al formarsi della nomofilachia; l’Avvocatura, sul cambiamento radicale dell’impostazione dei ricorsi al fine di agevolare il lavoro della Corte, nello spoglio come nella redazione della motivazione, e di tutelare così al meglio l’interesse delle parti assistite. Su questa riforma, si è discusso nell’incontro di studio, organizzato dalla Scuola di specializzazione per le professioni legali della Sapienza Università di Roma, che si è svolto il 10 febbraio 2017, nell’Aula Magna dell’Ateneo.