L’esperienza storica mostra come la pena capitale abbia rappresentato un filo conduttore che collega i sistemi politici più disparati: al netto di altre evidentissime differenze di impostazione generale, la soppressione fisica dei rei è con ogni probabilità l’unico elemento che accomuna il corporativismo medievale di matrice cattolica, i diversi regimi che si sono succeduti nella Francia post-rivoluzionaria, il terzo Reich nazista e il totalitarismo sovietico. Alla stessa maniera, regimi politici che come il Regno Unito del primo Novecento o la Francia degli anni sessanta e settanta devono essere classificati come liberal-democratici hanno per lungo tempo difeso la pratica punitiva. Ovviamente, una simile contraddizione ha suscitato parecchie domande e ancora oggi continua ad interrogare la comunità dei giuristi e più in generale gli studiosi delle scienze sociali. La convinzione alla base di questo lavoro è che una lettura storico-comparatistica dell’esperienza abolizionista possa facilitare l’individuazione dei formanti e dei crittotipi che hanno portato a fermare le esecuzioni e possa quindi aiutare a comprendere le ragioni di questo strano ed inquietante fenomeno.