Il punto di avvio di un’analisi che si propone di ricostruire i margini di operatività dell’autonomia privata in materia di responsabilità patrimoniale non può che essere l’art. 2740, co. 2, c.c., dove è previsto che «le limitazioni della responsabilità non sono ammesse se non nei casi previsti dalla legge». Se ci si ferma a considerare la lettera della norma, l’esito della ricerca sembra risolversi in un nulla di fatto, valendo essa a segnare un ostacolo insuperabile a che l’autonomia contrattuale modifichi il regime di universalità della responsabilità patrimoniale al di là dei casi e dei limiti in cui sia stata a ciò autorizzata dal legislatore. Una tale conclusione, confortata all’apparenza dal dato normativo, è legata alla convinzione che la responsabilità patrimoniale universale e perpetua costituisca uno strumento indispensabile ai fini della tutela del credito. Se la responsabilità patrimoniale quale elemento costitutivo dell’obbligazione è un portato di concezioni ormai superate, come la teoria dello Schuld und Haftung, essa può tuttavia ancora porsi a base della giuridicità del rapporto obbligatorio, presidiando ab externo il suo corretto funzionamento. Tanto basta ad avere indotto molti a ravvisare un contrasto insanabile tra autonomia privata e garanzia patrimoniale generica. Senonché, più che una solida certezza, ciò costituisce l’esito di un errore di prospettiva. Il primo dato da cui muovere è il seguente: le limitazioni negoziali della responsabilità patrimoniale, per tali intendendosi quelle che hanno fonte in un atto dell’autonomia privata, non sono tutte uguali.